EMERGENZA UMANITARIA PER I MIGRANTI lungo la Rotta Balcanica e in particolare in Bosnia e Erzegovina

EMERGENZA UMANITARIA PER I MIGRANTI
lungo la Rotta Balcanica e in particolare in Bosnia e Erzegovina
LA CRISI MIGRATORIA LUNGO LA ROTTA BALCANICA
L’inverno è ormai alle porte e la situazione migratoria lungo la rotta balcanica – in particolare in Bosnia e
Erzegovina – è diventata una emergenza umanitaria.
La Rotta Balcanica è diventata nel 2019 la principale rotta migratoria verso l’Europa, vista la pericolosità
della Rotta Mediterranea per le condizioni dei campi profughi in Libia e per i continui naufragi durante
l’attraversamento via mare. I migranti provano oggi a raggiungere l’Unione Europea partendo dalla Turchia,
passano per lo più via mare nelle isole della Grecia, e da lì via terra attraversano i paesi balcanici
(Macedonia del Nord, Albania, Montenegro, Serbia) per arrivare infine in Bosnia e Erzegovina.
Grafico 1. Totale arrivi dei migranti nel 2019 lungo la rotta balcanica rispetto alla rotta mediterranea (dati UNHCR)
Dalla Bosnia e Erzegovina i migranti tentano poi l’ingresso nel territorio comunitario tramite le zone di
confine con la Croazia attorno alla città di Bihac. In Bosnia e Erzegovina quest’anno è stato registrato un
flusso in arrivo di oltre 45.000 persone migranti (dati UNHCR, periodo gennaio-ottobre 2019), a cui va
aggiunto il numero imprecisato di persone che riescono ad arrivare nel paese senza farsi registrare. Nello
stesso periodo del 2018 gli arrivi complessivi erano stati circa 19.000: ciò significa che nel corso del 2019 gli
arrivi sono aumentati di oltre il 230%.
Si tratta di migranti che provengono da varie aree del mondo in guerra o in profonda crisi: arrivano in
particolare da Pakistan (36%) e Afghanistan (11%), dall’Africa subsahariana e dal Nord Africa (Algeria 6%,
Marocco 6%), e nelle ultime settimane è ripreso l’arrivo di Curdi, Siriani e Iracheni a seguito della ripresa del
conflitto nell’area mediorientale (Siria 10%, Iraq 7%).
Lungo la Rotta Balcanica si muovono tante famiglie, con anziani, numerosi bambini anche molto piccoli,
disabili. Viaggiano in maniera totalmente improvvisata, spesso affidandosi a trafficanti locali. Molti sono in
viaggio già da anni, molti hanno subito violenze e respingimenti lungo il loro percorso migratorio. Nessuno
porta con sé alcun bagaglio per poter viaggiare più semplicemente: né cibo né acqua, né vestiti di ricambio,
le cose di base per l’igiene personale o per le necessità dei bambini (pannolini, latte in polvere…).
L’equilibrio psichico di molti di loro è fragile: dopo mesi o anni in viaggio o passati in strutture fatiscenti
aumentano le violenze, le dipendenze da sostanze, i suicidi. Sono infine molte le persone che non ce
l’hanno fatta a portare a termie il proprio progetto migratorio: annegate nel mar Egeo o nei fiumi balcanici,
o rimaste uccise nei pericolosi tentativi di attraversare i confini.
In tutti i paesi balcanici, dalla Grecia fino alla Bosnia Erzegovina, l’accoglienza è difficile e la situazione
rimane critica, a causa dell’aumento del numero delle persone in transito e delle insoddisfacenti condizioni
della accoglienza nei campi profughi. Spesso non si riesce ad offrire nemmeno l’assistenza di base: cibo,
cure mediche, igiene, strutture per l’accoglienza. Dopo una prima fase di intenso supporto economico
internazionale (2015-2016), i fondi internazionali per l’assistenza lungo la Rotta Balcanica sono andati in
continuo calo negli ultimi anni, rendendo sempre più difficile la possibilità di garantire anche i servizi
minimi.
I Balcani oggi presentano dunque un lungo susseguirsi di situazioni emergenziali all’interno dei campi
profughi o delle strutture di accoglienza.

Emergenza_umanitaria_Rotta_Balcanica